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RIFUGIO QUINTINO SELLA: DIARIO DI UN'AVVENTURA

Resy
Il rifugio Ferraro
Il rifugio delle Guide di Frachey
Il rifugio Mezzalama
Il rifugio delle Guide di Ayas
Il Vallone della Forca
Il rifugio Quintino Sella
Salita al rifugio Quintino Sella
Salita al Castore
Diario del Castore
Leggenda: la città del Felik
L'avventura è cominciata diversi mesi fa, all'inizio di una primavera che non voleva cominciare. Io, Barbara e Luca eravamo capitati quasi per caso da Italo, sulle colline del Monferrato. Luca aveva ipotizzato una gita al Sella per quest'estate, e l'avevamo preso subito sul serio. Italo no, ma in compenso Massi aveva aderito al volo appena saputo del progetto.
Si trattava solo di aspettare che arrivasse l'estate. Luca, che lavora a Treviso, avrebbe preso una settimana di ferie e sarebbe salito a Champoluc per godersi un po' di giorni di sole e montagna, con qualche bella scarpinata su e giù per la Val d'Ayas. L'estate finalmente arriva, anche se a stento: tempo per lo più incerto, fino a luglio, quando qualche settimana di sole fa nascere finalmente la sensazione che sia quasi l'ora, e risveglia dall'ibernazione delle nevicate di maggio l'idea di salire al Sella.
Io e Massi passiamo alcune sere sulle carte dei sentieri, e su Internet a raccogliere informazioni sul percorso. Non su dove passare, quello l'abbiamo chiaro fin dall'inizio: dal Colle Bettaforca via Bettolina, come fanno quasi tutti; l'alternativa di salire al Bettolina Superiore via Pian di Verra Superiore non ci tocca nemmeno. Mai come in questo caso le notizie che ci arrivano circa l'effettiva difficoltà del percorso sono imprecise. Ovviamente la difficoltà è un parametro del tutto soggettivo, soprattutto per quanto riguarda quel benedetto tratto in cresta. A quanto sembra una cresta sottile, aerea, con passerelle di legno e una corda fissa. Ne abbiamo trovato una foto su un sito, ma vista di fianco, e non è chiaro quanto sia larga. Massi teme un po' i precipizi, potrebbe non farcela. Si cercano altre notizie, si chiede a chi c'è stato. È stretta, è larga, ci si passa in due, bisogna strisciarci, è tutto un tratto, sono pochi metri. Impossibile avere delle notizie sensate, a quanto pare. "Avete fatto il Mezzalama, la Falconetta e il Bec Trecare? (Risata) E allora dov'è il problema?" dice uno. "C'è un punto in cui bisogna tenersi con le mani sulla roccia, è difficile e pericoloso", dice un altro. Basta, siamo stufi di sentire opinioni discordanti su ogni singolo metro di salita. È ora di valutare la cosa dal nostro punto di vista, e non possiamo farlo finchè non ci andiamo. Allora si parte: è il 7 agosto quando Luca arriva (mentre io ho trascinato Massi  lungo la cresta non attrezzata del Facciabella, dopo avergli anche fatto fare il sentiero alto dei Pinter per fargli fare un po' di abitudine al vuoto). Ma i giorni passano velocemente, e il tempo non accenna a migliorare. Nuvole, nuvole basse, che non sembrano avere l'intenzione di andarsene. Giorni tutti uguali, grigi e umidi, con qualche pioggia che scarica altra umidità ma non fa dissolvere le nuvole. Lo Zerbion è perennemente nascosto, il Monte Rosa anche. Un breve giro dal Crest verso il Ciarcerio via Saler - Contenery ci riserva un po' di pioggia, pochissimo sole nel pomeriggio e soprattutto un paesaggio spettrale, con 20 metri di visibilità e oltre il nulla. Conosciamo la zona e certo non ci perdiamo, ma sarebbe impossibile orientarsi senza una bussola, se fosse un posto sconosciuto. Pensiamo a cosa sarebbe se fossimo più di mille metri più in alto, su una cresta immersa nelle nuvole. Sembra la Pianura Padana in gennaio.
Il tempo stringe, Luca la sera del 15 ripartirà per Treviso. A un tratto le previsioni cambiano: ennesima perturbazione il 12, poi dal 13 (venerdì) bello per diversi giorni. Il nostro giorno sarà il 14, sabato, la vigilia di Ferragosto. Non ci sono alternative, si tratta di prendere l'occasione per la coda. L'ultimo giorno buono per fare questa cosa tutti insieme.

12 agosto.

Per tutto il pomeriggio si è parlato del progetto. Abbiamo riguardato tutte le previsioni, e sembrano concordare. Bello da domani. Non ci crediamo ancora, sembra impossibile. Siamo in giro per Champoluc, e il tempo va addirittura peggiorando. Beh, era previsto, dovrebbe essere l'ultima perturbazione, poi il vento dovrebbe cambiare. Il Rosa è coperto, esce a tratti il Palon di Resy. A metà pomeriggio inizia anche a piovere, e continua anche in serata. Non sembra un anno fa, eravamo appena scesi dal Mezzalama dopo una giornata praticamente perfetta...
Barbara parla con un amico del posto, guida alpina. È appena sceso dal Quintino Sella, dopo essere salito in 53 minuti. Beh, non aspiriamo a tanto, noi... comunque ci conferma le previsioni, aggiungendo che il 14 lui salirà sulla Punta Dufour, che con i suoi 4633 metri è la cima più alta del Rosa, via Capanna Gnifetti. Gli risulta quindi bel tempo, non necessariamente ventoso. Già, il vento. Ne abbiamo parlato parecchio in giornata, il vento può essere un problema e un pericolo su una cresta esposta a 3500 metri. Ma praticamente abbiamo deciso: si tenterà il 14.

13 agosto - il giorno prima.

Prenotato. 5 posti su un Defender per il Bettaforca domani mattina. Sembra quasi incredibile essere arrivati a questo punto dopo tutto ciò che è passato, dopo la certezza di non potercela fare, con le speranze davvero ridotte al lumicino. E questa mattina, appena svegliato, ho guardato con estremo sospetto la luce che filtrava dalle fessure delle persiane, ho cercato di capire se piovesse o no. Poi una volta aperte le finestre, un colpo in cui non speravo più nemmeno: sereno. Tutto bagnato dalla pioggia di ieri sera, ma il cielo è pulito. Il vento è cambiato, non soffia più da sud.
Mando subito un messaggio a Massi, che è a Vercelli, informandolo della cosa, ma dorme e non risponde. Ci sentiremo nel pomeriggio.
Nel corso della mattinata qualche nuvola si forma, ma non sembrano addensarsi; passano e vanno. Bene così. Intanto il sole caldo comincia ad asciugare la terra. È ora di fare gli zaini.
Non siamo del tutto sicuri della tenuta del gruppo, c'è chi cammina più veloce e chi più lento. Ci porteremo un paio di radio LPD, casomai dovessimo separarci, quelle che usiamo io e Barbara per parlare da una casa all'altra (dello stesso condominio). Però abbiamo fatto un patto di cui mi auguro non ci sia bisogno: chi si ferma aspetta, non blocca gli altri. Eventualmente il ritrovo è al Bettaforca.
Poi diciamocela tutta: il Quintino è un punto di partenza per le salite al Castore, al Lyskamm e oltre, per noi (e per questa prima volta!) è il punto di arrivo. Un minimo di esperienza e di allenamento ce l'abbiamo, quindi, con la giusta e necessaria prudenza, ovviamente, ce la dovremmo fare. L'incognita semmai è là dove non possiamo controllare le cose: vento, nuvole, per qualcuno paura dei precipizi. Soprattutto il vento, come ho già detto. Speriamo in bene.
Nel pomeriggio parlo con Massi: sarà da me intorno alle 7.30. Domani sarà il gran giorno, il giorno della gita dell'anno.

14 agosto.

Ci siamo. Massi puntuale alle 7.30 a casa mia, Luca pronto, Barbara quasi. Alle 8.00 siamo a St.-Jacques, dove abbiamo l'appuntamento con il fuoristrada, che arriva poco dopo. Saliamo e partiamo per la sassosa sterrata che porta al Bettaforca.Tempo perfetto. Le uniche nuvole che possiamo vedere da qui sono molto lontane, a occhio direi oltre il confine francese. Visibilità più che ottima. Cielo blu, come si deve, ma aria fredda. Piccole pozze d'acqua sono ancora ghiacciate... questa notte la temperatura è chiaramente scesa sotto lo zero.
Il cammino inizia alle 8.30. Il percorso è praticamente da subito tutto su pietraia. Si sale diretti a fianco del m. Bettolina, fino ai colli Bettolina Inferiore e Superiore, senza problemi, perdendo a volte il sentiero, che è segnato poco e male (con qualche ometto di sassi e segni gialli sulle rocce, senza nemmeno l'indicazione del numero del sentiero), ma alla fine su pietraia cambia poco. Luca è schizzato via quasi subito, con passo decisamente più veloce di noi. Io potrei seguirlo, sono fresco, riposato e preparato per la sua velocità, ma preferisco rimanere col gruppo. Barbara ha poco allenamento e procede più lenta, ma comunque sale. Sullo sprint di Luca in effetti ci si poteva accordare prima; gli avrei quantomeno dato una radio per mantenere i contatti, anche solo per tranquillità.
Al Bettolina Superiore ci accoglie un forte vento ghiacciato. Ci chiediamo come sarà lassù, sulla cresta, e poi oltre, sappiamo che saliremo a quasi 3600 metri di altezza, dove la brezza di ghiacciaio potrebbe essere davvero gelida.
Chi scende ci dice che durante la notte il vento al rifugio era tremendo, e non stentiamo a crederlo. Ce la faremo o ci darà problemi una volta sul tratto esposto che ancora non conosciamo se non per sentito dire? Lo capiremo arrivandoci. In effetti mi piacerebbe aver trovato più informazioni in rete a proposito di questa benedetta cresta, ma le foto sono scarse. Rimedierò io mettendone diverse, compatibilmente con lo spazio sul server che ahimè scarseggia.
Iniziamo la pietraia che porta in cresta, e rappresenta anche una fetta non trascurabile del dislivello, e arriviamo in cima senza troppi problemi, godendo del panorama incredibile che si allarga sempre più man mano che saliamo. Le cime del Rosa sembrano lì a portata di mano. Compare la Capanna Margherita in lontananza, lassù sulla Punta Gnifetti a quota 4559. La ammiriamo e ci viene il dubbio di aver esagerato un tantino proponendoci di raggiungerla entro 5 anni. Il Mezzalama è ormai un puntino insignificante là in fondo alla valle, tra i ghiacciai... eppure 368 giorni fa eravamo così contenti di esserci arrivati! Raggiungiamo e superiamo la quota del Testa Grigia, del Petit e del Grand Tournalin. Il Bec Trecare ben presto è solo una montagnetta, in confronto a ciò che la visibilità incredibile ci permette di vedere; oltre alle più alte cime del Rosa compaiono il Gran Paradiso, il Rutor e il Monte Bianco. Stentiamo a credere fin dove riusciamo a spingere la vista, a più di cento chilometri di distanza: prima riconosciamo la sagoma del Monviso, poi seguendo verso ovest ci rendiamo conto che le montagne più lontane che possiamo vedere sono... gli Appennini. Insomma, se non ci fossero vedremmo il Mar Ligure! L'afa della Pianura Padana limita la visibilità a sud-ovest, ma si vede qualcosa che sembra un lago, non sappiamo quale, potrebbe essere il lago di Varese, dice qualcuno, rimpiango di aver lasciato a casa la bussola [rivedendo le riprese e facendo i calcoli con l'aiuto di una cartina, il lago visto da quel punto guardando a sinistra dello Stolemberg è senza dubbio il Lago Maggiore, NdA]. Qualcosa luccica in pianura, potrebbe essere qualcosa a Milano o oltre... Lo Zerbion sembra una collina del Monferrato.
Alla fine della pietraia arriviamo alla famigerata cresta attrezzata con la nota corda fissa. Ritiro la telecamera nello zaino, tengo a tracolla la reflex, so che ci saranno punti in cui dovrò tenermi con le mani. Poco dopo arrivano Alina, Massi e Barbara. Massi guarda la cresta, studia la situazione e tira fuori l'imbragatura e la corda con i due moschettoni. Gli serviranno ad avere un minimo di sensazione di sicurezza che gli permetterà di vincere la paura dei precipizi.
Iniziamo il percorso. Il rifugio non si vede ancora; l'altimetro satellitare indica 3508, non so se sia effettivamente giusto, ma se lo fosse vorrebbe dire che il dislivello da superare è inferiore agli 80 metri. Però questa cresta sembra maledettamente lunga a vederla da qui...
Sembra facile all'inizio, ma più si va avanti più i precipizi si fanno vicini, la cresta diventa sempre più sottile, la larghezza oscilla tra un metro e un paio di spanne. Di pari passo la corda è a tratti praticamente un corrimano, in altri davvero è necessario tenersi. Non segue precisamente il sentiero; a volte si distanzia, si alza, si abbassa, si interrompe... intanto di fianco ai nostri piedi la montagna strapiomba sulla Val d'Ayas e quella di Gressoney. La cresta è incredibile, non riesco a credere di essere lì, praticamente sospeso nel vuoto, sembra un paesaggio irreale... riconosco altri posti conosciuti da un punto di vista quasi impossibile, il Lago Blu non è che una pozzanghera di acqua colorata, eppure non è piccolissimo... Lo ammetto, è più difficile del previsto. Non mi aspettavo una cosa simile, ma non mi sembra di avere problemi. Forse sono un disgraziato, ma queste cose non mi spaventano. Procedo tenendomi comunque alla corda, ma la paura di cadere non mi sfiora. A parte Luca, che ormai è schizzato via (sapremo poi che a quell'ora è già arrivato da un pezzo), il resto della truppa è un po' in crisi... Massi procede lentamente, dovendo continuare a legarsi e slegarsi... Alina in alcuni punti si chiede come farà a scendere.
Superiamo la passerella, e arriviamo all'ultimo tratto, che poi è il peggiore (o il più divertente, a seconda di come si vede la cosa). "Vaf******* te e il tuo Quintino Sella!" mi grida uno di loro, ma non dico chi, aggrappandosi alla corda in un punto un po' critico... Nel punto peggiore bisogna arrampicarsi con le mani, aiutandosi magari - ma non necessariamente - con la corda. No, nessuno di noi ha (ancora) un minimo di preparazione da arrampicata. Signori, si improvvisa. Allungo le mani, cerco i necessari punti di appoggio, mi aiuto con la corda e salgo. Sono solo un paio di metri, in pochi secondi sono su, e indico agli altri dove tenersi. Abbiamo rallentato un po' di gente dietro, me ne dispiaccio, ma sicuramente qualche divertito alpinista si sarà goduto la gustosa scenetta...
Beh, siamo oltre. Ancora qualche saliscendi in cresta, su roccia sottile, liscia, con il vuoto a destra e a sinistra. Chissà perchè ma questa cosa mi esalta... Mi dispiace quasi quando mi trovo di fronte di colpo la sagoma del rifugio, e gli ultimissimi metri di corda. Subito dietro di me arrivano gli altri, e gioiscono della cosa, anche perchè in effetti cominciamo a sentire una certa fame, e tra l'altro potremo godere di un piatto gratis avendo raggiunta quota 5 timbri nel Diario dei Rifugi. Entriamo nel rifugio, ma Luca non c'è. Qualcuno comincia a preoccuparsi, non c'è nemmeno sul lato ovest. Ovviamente è seduto da due ore al sole sul lato est, al riparo dal vento, e ci aspetta.
C'è molta gente al rifugio. Sono i primi giorni buoni di agosto, e come era prevedibile alpinisti ben più esperti di noi si sono riversati in massa sulle cime del Rosa, di cui il Sella è l'ideale anticamera. Si vedono diverse cordate scendere dal Castore o salire al Breithorn. Firmiamo il registro del rifugio, e leggiamo che sulla cima del Castore qualcuno ha rilevato raffiche di 100-120 Km/h. Infernale, a 4200 metri.
La prima cosa che colpisce uscendo dal rifugio è la quantità enorme, insopportabile di luce. L'aria è fredda, il sole scalda appena le rocce, ma davvero non so come farei senza occhiali da sole. "Come li vuole?" mi aveva chiesto l'ottico che me li ha venduti. "Da ghiacciaio sotto il sole di agosto" era stata la mia risposta, che devo riconoscere essere stata adeguata.
Ci abbiamo messo un tempo interminabile a salire, 4 ore. Luca ci ha impiegato la metà. Ammetto che speravo meglio; abbiamo fatto molte soste, ma comunque 3 e mezza di camminata sono senza dubbio un tempo da migliorare.
Abbiamo l'appuntamento col fuoristrada per le 6 del pomeriggio, e con la prospettiva di tempi analoghi non c'è da perdere tempo. Dopo pranzo ci dedichiamo a fare qualche foto (un centinaio, di cui diverse finiranno su questo sito), osserviamo il paesaggio impareggiabile che ci sta intorno, e a malincuore riprendiamo la via del ritorno, salutando il Sella e chiedendoci quando ci torneremo...
Siamo naturalmente subito in cresta, ma incredibilnente nessuno si lamenta più, come se fossimo diventati di colpo esperti conoscitori di questa via. No, in realtà gli esperti veri sono quelli che, più veloci di noi, lasciamo passare dove possibile (nella maggior parte del percorso in cresta non si passa in due). Comunque siamo un pelino più veloci della mattina. Altra gustosa scenetta dove bisogna scendere in verticale, tenendosi con le mani (o in alternativa alla Tarzan), all'indietro, cercando i necessari appoggi con i piedi. Ma del resto chi (di noi) ha mai fatto qualcosa di simile con un migliaio di metri di vuoto un metro dietro le spalle? Comunque divertente. Massi è lanciato, forse è diventato veloce a lavorare di moschettoni, ed è anche più sicuro.
In compenso il cielo non è più così sereno; il forte vento ha formato delle nubi lenticolari sulle cime, e qualche altra nuvola passa sulle nostre teste. Niente di grave comunque; lo stesso vento è più debole del mattino, e ovviamente fa un po' meno freddo. Luca è ripartito come un missile, ma almeno questa volta ha una radio.
Superiamo la passerella, scendiamo dalla cresta, ci ritroviamo sulla pietraia. Questa volta sembra infinita. Sarà che ho un inizio di raffreddore (normale o allergico, non l'ho mai capito) e guardare in basso non mi risulta comodissimo, ma davvero non finisce più. Sembra addirittura più lunga della mattina... forse perchè in fondo ci sono i laghi, e sembrano non avvicinarsi mai! Non difficile, comunque, anche se ripidina. Mi fermo un paio di volte ad aspettare gli altri; intanto parlo via radio con Luca, che è già al Colle Bettolina Superiore, lanciato verso l'Inferiore.
Il resto del percorso è pura camminata, in cui cerchiamo di calcolare più o meno quanto ci metteremo ad arrivare al Bettaforca. L'appuntamento col fuoristrada verrà centrato perfettamente, con l'arrivo contemporaneo al colle mio e del mezzo.
Durante la discesa sul fuoristrada conosciamo una famigliola. Incredibile a dirsi, i due bambini piccoli sono appena scesi dal Castore con papà guida, dopo essere saliti dal Guide di Atas... probabilmente sono loro ad aver segnalato il vento forte sulla cima del Castore sul registro del Sella.
Alla sera io sono stanchino ma OK, altri soffrono un po' di... non mi è chiaro cosa, un po' di nausea, un po' di mal di testa, forse cedimento di nervi dopo lo stress della camminata. Comunque niente che non riusciamo a eliminare. Massi riparte per Vercelli, dove arriva prima di mezzanotte, e la giornata finisce con una sana dormita.

15 agosto - il giorno dopo.

Ferragosto. Mi sveglio con un certo male alle spalle, probabilmente per colpa dello zaino, ma per il resto tutto a posto. Anche gli altri si sono ripresi benone. La giornata passa tranquillamente, con qualche camminata in fondovalle giusto per non riposarsi troppo, ma il tempo non è più bello come ieri, nel corso della giornata in cielo si addensano nubi sempre più basse... e mentre la cresta del Quintino Sella scompare dalla vista, la mente corre già alla prossima volta, più preparati, più esperti e chissà che anche per noi diventi solo un punto di partenza...

Hanno partecipato all'avventura del Sella del 14 agosto 2004:

Degno di nota l'eroismo di un alpinista partito dopo di noi, che a dispetto dell'età piuttosto avanzata ha raggiunto noi all'inizio della salita su pietraia e Luca prima della cresta, e tutto quanto con un paio di ciabatte da spiaggia.

3 anni dopo.

Eh sì, il Quintino Sella è poi diventato come auspicato un punto di appoggio e partenza. Al momento ci sono tornato altre due volte, entrambe con meta Castore raggiunta come da programma (itinerario alpinistico 3).La salita al Sella non è più questa cosa incredibile da programmare con mesi di anticipo... e si può fare anche senza utilizzare il fuoristrada nè per la salita nè per la discesa, con l'indubbio vantaggio di un adattamento più dolce alla quota.

Escursione 17:
rifugio Quintino Sella
Itinerario alpinistico 3:
Castore via cresta est
Itinerario alpinistico 4:
Traversata del Castore
"Piccole storie quotidiane" Rifugio Quintino Sella