Foto 1 - Picchettatura nella cava del Gran Lago delle Cime Bianche.
Foto 2 - Semilavorato nella cava del Gran Lago delle Cime Bianche.
Foto 3 - Vecchio sagrato della cappella di St.-Jacques.
Foto 4 - Scarti di lavorazione nel muro di un edificio di St.-Jacques.
Foto 5 - Acquasantiera della cappella di St.-Jacques.
Foto 6 - Semilavorato rinvenuto sulla pietraia fra il
Bivacco Città di Mariano e il
Gran Lago di Tzère.
Molti degli antichi edifici di St. Jacques ad un attento esame mostrano una particolarità: tronchi di cono in pietra ollare usati come materiale da costruzione (
foto 4) o come lastricatura antistante. Fino al 2006 così si presentava anche il piccolo sagrato della cappella (
foto 3).
Si tratta dei resti della lavorazione della pietra verde (serpentiniti, prasiniti, anfiboliti) ricavata dalle cave di Ayas e usata fin dal IV sec. d.C. per la fabbricazione di pentole, stufe, capitelli, sculture, pietre tombali, acquasantiere, mortai, cornici di finestre ecc. Originalissima è l'acquasantiera circolare murata all'interno della cappella di St. Jacques, decorata con motivi romanici (
foto 5), ma in pietra ollare era già la piccola urna cineraria di età romana scoperta presso Antagnod.
Cave si trovavano a Vera, a Vascoccia, a Reuc (fra Reuvère e Rascard) e soprattutto nel Vallone delle Cime Bianche (
foto 6), all'alpe Mase (m. 2400), al Plan de Rollin (m. 2600) e sopra la sponda orientale del Gran Lago (m. 2808) con segni di scavo e blocchi appena sbozzati (
foto 1 e
2).
Le cave della zona di St. Jacques davano cloritoscisti a grana grossa, contenenti sovente granati e facilmente riconoscibili. La particolarità di tali rocce è di essere facilmente lavorabili appena estratte e di indurirsi solo in seguito, di conservare a lungo il calore e di non cedere alcun sapore ai cibi. Da un unico blocco venivano ricavati al tornio idraulico vari recipienti sempre più piccoli fino a lasciare come scarto le carote che, ammassate in grande quantità, vennero poi utilizzate anche come sostegno dei comignoli un po’ in tutta la valle (alcuni bellissimi si trovano a Magnéaz) e recentemente come bordure di aiuole (Frachey), decorazione di muretti e portacandele. Esse hanno raggio di base variabile fra gli 8 e i 25 cm e altezza fra i 20 e i 40 cm.
I manufatti venivano esportati in larga misura nella Liguria orientale ma alcuni di essi sono conservati anche al Museo Archeologico della fortezza del Priamar a Savona, reperiti nello strato archeologico bizantino (VI sec.). Questo corrobora la recente ipotesi di Riccardo Petitti che siano stati proprio i Bizantini a perfezionare e dare impulso alla lavorazione della pietra ollare sulle Alpi.
Il cloritoscisto a granati di Ayas è infatti l'unico le cui peculiarità petrografiche permettano l'identificazione di reperti in ritrovamenti lontani.
Il 10 dicembre 2015 il Consiglio Comunale di Ayas ha approvato un progetto con finanziamento europeo per il recupero del sito archeologico della lavorazione della pietra ollare a St.-Jacques
e per la sua valorizzazione in un piano che gli sarà riservato nell'ecomuseo in progetto nell'ex convitto Dandrès-Rivetti ad Antagnod.
Presenza di pietra ollare in Val d'Ayas:
ATTENZIONE: le cave e i manufatti in pietra ollare costituiscono reperti archeologici in corso di studio, non vanno quindi nè manomessi nè asportati. Limitatevi a fotografarli.
Vallone delle Cime Bianche:
- località Cime Bianche: cava;
- sopra al Gran Lago delle Cime Bianche: cava;
- Comba de Rollin, fra quota 2570 e 2610 nella morena frontale del ghiacciaio: intercalazioni di pietra ollare a clorite con tracce di estrazione e frammenti di tornitura; a quota 2620-2630 circa: serpentiniti e pietra ollare con evidenti tracce di coltivazione;
- torrente di Cortot a quota 2500 circa: fino ad alcune decine di anni fa il torrente era pavimentato da avanzi di lavorazione di pietra ollare;
- zona dell'alpe Mase, area sovrastante l'alpeggio: pietra ollare con tracce di coltivazione; 300 metri circa a nord-est dell'alpeggio, a quota 2430: serpentinite con pietra ollare a grana fine, frammenti lavorati al tornio e blocchi conici non torniti; presso l'alpeggio: avanzi di lavorazione sepolti per ricavare pascolo; fabbricato all'estremità est di Mase: coni di pietra ollare in un muro esterno;
- a valle dell'alpe Mase, nell'alveo del torrente tra le quote 2370 e 2400: avanzi di lavorazione al tornio;
- zona di Aventina, località Gran Masso Aventina: resti di lavorazione; in fondo al ghiacciaio di Ventina: avanzi di lavorazione e ruderi di edificio; montagna di Aventina: resti di pietra ollare lavorata;
- Vallone di Cortot, quota 2000: enorme ammasso di coni di lavorazione sotto una spessa zolla erbosa.
Zona di St.-Jacques:
- località Reuc fra Reuvere e Rascard, poco a monte dell'alpe Moléraz, quota 1880: imbocco di galleria franata dopo pochi metri e intorno frammenti con tracce di lavorazione; poco a valle, a quota 1870, livello di pietra ollare con cavità profonda 10 metri e larga 5 metri e intorno frammenti di lastre utilizzate a fine XIX secolo per la costruzione di stufe;
- località Arma, di lato alla strada per Fiery a 5' dalla cappella di St.-Jacques, laboratorio con tornio ad acqua in una casa distrutta nel 1910; un canale vi portava l'acqua dall'Evançon;
- fra St.-Jacques e Fusine, quota 1680-1700: avanzi di tornitura nei muri.
Champoluc:
- segnalato un laboratorio.
Località Vascoccia:
- segnalata una cava utilizzata per le stufe tornite a mano ad Antagnod a fine XIX secolo.
Zona di Brusson:
- Testa di Comagna (escursione 47): giacimento; Colle Ranzola (escursione 24): giacimento; valloncello del torrente Chamen, sopra alla strada per il Colle Ranzola: giacimento.