Salita: Rifugio Guide di Ayas - Polluce
Tipo di percorso: ghiacciaio + roccia o misto.
Tempo di percorrenza: 2h - 3h*.
Difficoltà: ghiacciaio con possibili crepacci, roccia fino al II, sottile cengia e canalino attrezzati, cresta nevosa.
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1. Partenza sul ghiacciaio alle spalle del rifugio. A sinistra è visibile il Polluce. |
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2. Risalita del Grande Ghiacciaio di Verra. |
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3. Superamento della crepaccia terminale. |
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4. Avvicinamento alla base del Polluce. |
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5. Alla base del Polluce si valuta se è necessario mantenere i ramponi. |
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6. Salita su rocce e sfasciumi. |
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7. Tratti di facile arrampicata con difficoltà massima II. |
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8. Ultima parte prima delle corde fisse. |
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9. Primo tratto attrezzato: la cengia. |
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10. In sosta a metà salita. |
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11. Seconda parte della salita. |
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12. Uscita dalla parete sull'anticima. |
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13. La statua posta sull'anticima. |
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14. La cresta finale e la vetta del Polluce. |
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15. Arrivo in vetta. |
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Alle prime luci dell'alba o prima (la scelta del momento migliore per partire può essere fatta anche in funzione dell'affollamento che si prevede di trovare nei tratti critici) si lascia il Rifugio Guide di Ayas attaccando il Grande Ghiacciaio di Verra subito alle spalle della costruzione o poco più su (foto 1).
Si risale la prima rampa moderatamente pendente per portarsi al livello superiore dove l'inclinazione e minore (foto 2).
Qui si riconoscono di fronte la sagoma del Polluce e del Castore, che mostra il suo versante ovest, separati dal Colle di Verra, non ancora visibile; si procede comunque in direzione del valico prestando la necessaria attenzione ai crepacci presenti nell'area.
Seguendo la traccia al suolo, quasi sempre ben riconoscibile a meno che non sia stata cancellata da una recentissima nevicata, all'altezza del Polluce si piega poi a sinistra superando la crepaccia terminale (foto 3) e portandosi così alla base della meta dell'itinerario.
Qui si tralascia la diramazione che porta alla ovest del Castore (itinerario alpinistico 4) e si prosegue l'avvicinamento alle rocce che costituiscono la base del Polluce (foto 4).
Si raggiunge il limite del ghiacciaio (foto 5) e a seconda delle condizioni si valuta se proseguire con i ramponi o se toglierli (se la via è asciutta e non più innevata possono non essere strettamente necessari, ma nel dubbio è comunque opportuno tenerli a portata di mano).
Inizia così la salita su rocce, con frequenti passaggi di I e alcuni di II alternati a detriti (foto 6 e 7) e brevi tracce di sentiero. La direzione da seguire è segnalata da alcuni ometti di pietre ma soprattutto dagli evidenti "graffi" dei ramponi sulla roccia. L'esposizione non è eccessiva.
Alcuni tratti di pietraia possono presentare problemi legati alla non stabilità delle roccette, ma in gran parte le rocce sono in buone condizioni e richiedono solo familiarità con l'ambiente. Spesso c'è la possibilità di scegliere il passaggio migliore tra un paio di possibili alternative.
La salita su roccia conduce infine (foto 8) al noto passaggio chiave della salita.
Questo inizia con la sovracitata cengia rocciosa larga pochi centimetri e attrezzata con un grosso canapone (foto 9); il primo tratto di questo canapone aiuta ad issarsi all'inizio della cengia, che si percorre poi tenendosi alla corda a braccia tese in modo da assicurare la necessaria aderenza agli scarponi o ai ramponi sulla cengia stessa, che finisce dopo circa 8 metri.
Superato questo passaggio si raggiunge la base del canalino roccioso che darà accesso alla parte nevosa sommitale.
Anche questo tratto è attrezzato con un canapone e si può idealmente dividere in due parti.
La prima è più impegnativa soprattutto a causa dei limitati (o più che altro più scomodi ed esterni, in particolare sulla destra) appoggi per i piedi nei primi metri, meglio affrontabili considerando questo punto come un diedro; successivamente la difficoltà diminuisce e si possono sfruttare appigli e appoggi più comodi oltre ovviamente al canapone.
La seconda parte, separata dalla prima da una sosta (foto 10) a cui è eventualmente possibile assicurarsi nell'eventualità sia necessario fare sicura ai compagni di cordata, è quasi verticale ma poco difficile (foto 11) , anch'essa con buoni appigli e appoggi; alla sua uscita ci si ritrova su un comodo terrazzino parzialmente innevato (foto 12) su cui è posta la statua della Madonna (foto 13)con il contenitore per il libro di vetta (mancante nel 2012).
Dal terrazzino inizia la cresta finale (foto 14).
I pendii laterali non sono ripidissimi, con una pendenza indicativa massima di 35°, e la larghezza della traccia è sufficiente ad appoggiare facilmente entrambi i piedi e in alcuni tratti a permettere l'incrocio delle cordate che salgono e scendono a questa frequentata vetta.
Superata la parte centrale della cresta, più ripida (< 30°), si raggiunge la calotta sommitale del Polluce e la cima, a quota 4084 (foto 15).
Benchè sia una delle elevazioni minori tra i 4000 della zona, superiore solo alla vicina Roccia Nera, il panorama è comunque grandioso; a catturare l'attenzione è per prima cosa il Castore, che mostra il suo versante ovest e la vertiginosa parete nord e non nasconde la parte orientale del massicco del Rosa, con le più lontane Nordend, Dufour, Zumstein e Gnifetti, ma anche il gruppo dei Lyskamm.
Dal lato opposto la fa da padrone il gruppo Breithorn-Roccia Nera (che nasconde il Cervino), mentre a nord, in territorio svizzero, scivola il grande Gornergletscher con i suoi affluenti (in particolare lo Schwarzgletscher, lo Zwillingsgletscher e il Grenzgletscher); oltre dominano le più alte vette del Mischabel.
Sul lato italiano si riconoscono le sagome di centinaia di vette comprese nell'arco tra il M. Mars e la Dent d'Herens, inclusi ovviamente il Gran Paradiso, la Grivola, l'Emilius, il Rutor,
il massiccio del Bianco, il Grand Combin. |
Discesa: Polluce - Rifugio Guide di Ayas
Tipo di percorso: ghiacciaio.
Tempo di percorrenza: 2h - 3h*.
Difficoltà: ghiacciaio con possibili crepacci, roccia fino al II, sottile cengia e canalino attrezzati, cresta nevosa.
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16. Inizio della discesa. |
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17. La parte alta del tratto verticale. |
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18. Lasciato il tratto attrezzato si prosegue la discesa. |
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19. Disarrampicata con difficoltà fino al II. |
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20. Tornati alla base del Polluce si riprende il cammino sul ghiacciaio. |
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21. In allontanamento dal Polluce ci si dirige per prima cosa verso il Castore. |
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22. Ritorno tra i crepacci in direzione del rifugio. |
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A meno di non voler affrontare delle varianti (ad esempio il ritorno via Colle di Verra), la discesa avverrà sullo stesso percorso utilizzato per salire.
Lasciata la vetta (foto 16) si ripercorre la cresta nevosa - con attenzione nel tratto più ripido - fino al terrazzino con la statua della Madonna.
Qui può capitare di dover aspettare che altre cordate salgano o scendano dal tratto verticale sottostante.
Questo (foto 17) può essere affrontato disarrampicando con l'aiuto del canapone o calandosi in corda doppia; nel primo caso è opportuno ricordare che, arrivati quasi alla base, si trovano appoggi migliori per i piedi sulla destra. Se si opta per la doppia è necessaria una corda da almeno 60 m. a meno di non voler spezzare la discesa in due parti utilizzando la sosta a metà parete.
Superato il tratto verticale si procede sulla cengia; la difficoltà è analoga a quella della salita. Negli ultimi metri conviene appoggiare i piedi sulla "diramazione" più bassa del gradino per calarsi più comodamente con l'aiuto dell'ultimo pezzo di corda.
Lasiato così il tratto attrezzato si continua a scendere su roccia/sfasciumi (foto 18) ricalcando per lo più il percorso della salita, che può ancora essere individuato cercando le tracce lasciate dai ramponi sulle rocce. Conoscendo già le condizioni dell'innevamento della zona sarà più facile decidere se liberarsi temporaneamente dei ramponi o meno.
I punti più verticali, benchè mai più lunghi di 2-3 metri, andranno convenientemente affrontati faccia a monte (foto 19).
Tornati così sul ghiacciaio si continua la discesa ramponi ai piedi (foto 20).
Ci si dirige per un breve tratto verso il Castore (foto 21), per poi piegare a destra in corrispondenza del tratto ripido che comprende la crepaccia terminale.
Superatala si punta più decisamente verso il Rifugio Guide di Ayas, ancora nascosto dallo sperone di roccia su cui è costruito, e lo si raggiunge in qualche decina di minuti prestando sempre attenzione ai crepacci (foto 22) che potrebbero essere coperti da ponti di neve resi più fragili dall'innalzamento diurno delle temperature. |