Tornare a casa una domenica sera, stanco e con il ginocchio destro dolorante, con le gambe che risentono di un pesante calo di allenamento dopo la fine dell'estate, sporco e sudato. Tuffarsi di nuovo nei mille problemi anche grossi che mi ritrovo in questo periodo, e con la prospettiva di un lunedì a Milano per lavoro. Posare lo zaino in corridoio, e ritrovare le cose che fanno parte della grigia vita in pianura, il computer, gli hobby di sempre, la stanza lasciata in disordine dopo essere partito di fretta. E rendersi conto di aver saltato un giorno, di aver vissuto alcune ore fuori da quella che è la vita normale, lontano da tutto quello che poi mi costringe a una capsula di camomilla per dormire, praticamente su un altro pianeta.
Il giorno non è iniziato sotto i migliori auspici: svegliato da una telefonata alle 8 dopo non aver sentito la sveglia alle 7.15, mi rendo conto che alle 8.15 non sarò sicuramente puntuale a Santhià all'appuntamento con Marco. Mi vesto di fretta e mi precipito in macchina. Fuori dalla città visibilità da scarsa a quasi nulla, nebbia grigia ovunque, e quell'atmosfera autunnale che detesto tanto. Nel frattempo ho avvertito Marco del ritardo, e lo trovo pronto a partire davanti alla stazione. Mi scuso per il contrattempo, effettivamente è la prima volta che non sento la sveglia. Comunque si parte.
Il casello di Santhià è chiuso per lavori, ci tocca andare a prendere l'autostrada ad Albiano; nel frattempo visibilità ridottissima. Il lago di Viverone si intuisce, ma non si vede assolutamente.
Entrando in Valle d'Aosta si intravvede il cielo sereno, e la giornata comincia a prendere vita. Si valutano le opzioni sul dove andare; salendo in valle decideremo di andare a esplorare il sentiero del Corno Bussola. Non ci siamo mai stati, e anche se è tardi ci si può comunque fare un giro.
Più si sale più il mondo cambia. La neve caduta diversi giorni prima si è in buona parte sciolta, sembra iniziare al di sopra dei 2000 metri, e i boschi sono uno spettacolo accecante. Io non amo l'autunno, anzi, e la cosa è giustificata, considerato dove vivo. Ma devo riconoscere che, se parlando della salita al Guide d'Ayas ho scritto "l'alta montagna è un regno di luce, tutto è luce, i ghiacciai sono luce, il cielo è luce", posso davvero dire che l'autunno in montagna è un mondo di colori.
E in una giornata così i colori esplodono: nulla è grigio, a differenza di ciò che ci siamo lasciati alle spalle e che è sempre più lontano man mano che si sale; il cielo è blu intenso, i boschi sono gialli e rossi, anche i prati fanno la loro parte.
Ci portiamo velocemente nel vallone dei Palasina, uscendo dal bosco di larici, lasciamo da parte il rifugio Arp, meta di tantissime camminate estive e non, che tanto è chiuso, e puntiamo direttamente verso i laghi. Incontriamo la prima neve nell'ultimo tratto di salita, e poi finalmente raggiungiamo la sponda del lago Battaglia.
L'aria è quasi ferma, e l'acqua è appena appena increspata. Le montagne circostanti si riflettono nel grande specchio d'acqua, e visto che siamo partiti tardi (per colpa mia! E poi anche del casello chiuso...) decidiamo che ci possiamo concedere il lusso di pranzare nel ristorante più bello ed esclusivo della valle, nel silenzio delle montagne, immersi nella natura che ancora non si piega all'inverno che aspetta dietro l'angolo. La temperatura è piacevolissima, si può stare tranquillamente in maniche corte, anche quassù intorno ai 2500 metri. I guai, i problemi, le preoccupazioni di casa e lavoro sono lontane, rimaste laggiù nella nebbia della pianura.
Dopo il tradizionale panino proseguiamo nel cammino, attraversando la grande conca dei laghi Palasina. Aggiriamo a nord il Battaglia, attraversiamo il guado che lo separa dal lago Verde, costeggiamo il Pocia, e proseguiamo verso il Corno Bussola.
La neve è a chiazze, ma il sentiero è abbastanza ripido e in certi punti proseguire è più faticoso del previsto. Un gruppo di pecore ci guarda passare senza fare una piega, mentre ci apprestiamo a scoprire il lago Lungo, profondo e con acque verdissime. Abbiamo sempre saputo della sua esistenza, ma non l'avevamo mai visto così da vicino.
Proseguiamo ancora per un tratto, ma dobbiamo ahimè arrenderci al fatto che il tempo ormai stringe. Non possiamo più continuare, c'è un treno da prendere a Santhià, e c'è tutta la strada da fare, con l'incognita del traffico. Niente, si scende.
Con la luce già calda che precede il tramonto i colori degli alberi sopra ad Estoul stridono con l'atmosfera lattiginosa del fondovalle, che non si vede nemmeno, tanto è immerso profondamente nella foschia fino all'altezza di Challant. Da laggiù sicuramente non si può nemmeno immaginare cosa c'è qui.
Scendiamo lungo la sterrata verso Estoul, e a fatica ci separiamo dagli incredibili boschi che, ormai, abbiamo imparato a conoscere in tutte le stagioni: con l'ultima neve dell'inverno, nel disgelo della primavera, sotto il sole dell'estate e adesso nella magica atmosfera dell'autunno. Sappiamo che tutto ciò durerà poco: presto tornerà la neve a coprire i rami ormai spogli, e la natura aspetterà ancora una volta il risveglio.
Torneremo in questa valle, torneremo con la neve, a godere ancora del sole di montagna. Ma per ora quello che ci secca è dover tornare ad affrontare la vita quotidiana, seppur con il cuore riscaldato dall'idea di aver rubato un ultimo giorno di quasi estate tra tanti giorni grigi, di aver colto ancora la luce accecante delle cime innevate, da portare con noi fino alla prossima volta
1.
1. "la prossima volta" sarà semplicemente due settimane dopo (il 30/10) quando, immersi in un panorama autunnale ancora più incredibile, riusciremo, nonostante il ritorno all'ora solare, a raggiungere ancora la cima del Facciabella senza quasi incontrare neve, e godremo di una temperatura a dir poco estiva. A volte i regali non arrivano soli...