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DIARIO DEL M. AVIC

Impossibile non ricordare le prime volte in cui salivo in valle: dagli ultimi tornanti prima di Villa appariva la sagoma inconfondibile del M. Avic, dall'altro lato della Valle Centrale. La classica cima che, da bambini, si guarda dal basso e basta, senza immaginare che in realtà ci si possa anche salire.
Passano gli anni, l'Avic rimane sempre lì da vedere, ma la voglia di toccarne la cima aumenta insieme al numero delle vette che man mano si conoscono da vicino; si raccolgono informazioni su vie, difficoltà, tempi, dislivelli... ma la cima non entra in programma, complice anche la scarsità di informazioni sull'itinerario.

18 agosto 2009: primo contatto (a distanza).

È un soleggiato pomeriggio di agosto, io sto trotterellando giù dal Rothorn con Lauretta e Giovanni. Al Crest aspettano Barbara e l'appena arrivata Lorena, che rimarrà qualche giorno, mentre arriva una telefonata da Henry: "domani Avic". Urca... la salita tanto attesa! Eh no, non ce la farò. Passi il Rothorn, ma negli ultimi due giorni ho anche rifatto il Nery, non sono abbastanza riposato da farmi un altro dislivello di 1700 metri senza un paio di giorni di pausa. Sono costretto a rinunciare, e mi dispiace! La giornata sarà buona, un gran bel sole con cielo blu, proprio quello che ci vuole. Ma alla partenza non ci sarò.

19 agosto 2009: il primo tentativo del gruppo.

Le condizioni meteo sono in effetti ottime; mentre salgo verso il Lago Blu (meritata giornata riposante in programma...) con Barbara e Lorena è impossibile non pensare ai compari in cammino verso l'Avic. Me li vedo già in cima a piantare la bandierina di AroundAyas, e li invidio non poco, mentre le mie gambe stanche si fanno sentire: no, sarei schioppato prima della meta. Tanto vale godersi un po' di riposo in vista delle uscite successive, le ultime delle vacanze.
Sono ansioso di sapere come se la sono cavate, com'era il percorso, che difficoltà hanno incontrato, e non vedo l'ora di vedere le foto fatte da lassù. Mi aspetto di tutto, tranne quello che verrò poi a sapere: la cima non è stata raggiunta a causa di un errore, e una volta al Col Varotta era già troppo tardi per tornare indietro e riprovare la via giusta. La giornata si è poi conclusa con un divertente tuffo collettivo nel torrente, e in questi casi si dice: la montagna è sempre lì, ci sarà un'altra occasione.

Luglio 2010: nuovi progetti

Il progetto della salita all'Avic salta di nuovo fuori nel luglio del 2010, decisa prima per un giorno che per me è lavorativo, e poi spostata più avanti: il 25 potrebbe essere la volta buona. Nel frattempo, l'allenamento completamente mancante (per me, si intende) viene ricostruito a colpi di Punta Valfredda, Testa del Rutor, Corno Bussola e M. Fallere.
All'appello - che a differenza di altre volte è praticamente pubblico - rispondono alcuni dei più forti camminatori di AroundAyas; assenti alcuni nomi illustri (Massi, impegnato nientepopodimenoche con la Dent d'Herens) e Davide, che sarà a Champoluc con la famiglia. Altri sono in forse, altri ancora sono a camminare altrove ma ci potrebbero venire incontro durante la discesa.

23 luglio 2010: dettagli della spedizione.

Il nucleo dei "certi" è composto da me, Lauretta, Giovanni, Henry e Alberto, già citato in qualità di... compagno di tavolata al rifugio Città di Mantova nel racconto "La capanna della Zia Meg".
Appuntamento alle 6 a Champdepraz, ritrovo preventivo a Verres alle 5.50 del 25. Previsioni meteo ok, con un passaggio di temporalacci nel pomeriggio del 23 (nella mia zona, comunque, ci sarà solo mezza split storm scivolata velocissima a sud-est della città, ma si segnalano danni tra Lombardia e Veneto), seguiti da un calo termico - che male non farà viste le temperature mostruose degli ultimi giorni - e da cielo sereno. Previsioni meteo per domenica ancora ampiamente favorevoli.

24 luglio 2010: ultimi preparativi.

La mattina del 24 il cielo è sereno in pianura, senza la solita cappa di afa; temperature senza dubbio minori ma il sole picchia. Sulle montagne si vede qualche residuo di nuvolaglia a media quota, suppongo che si dissolverà nel corso della giornata. È tempo di preparare lo zaino.
Come sempre (o quasi), preferirò uno zaino un po' più pesante del dovuto pur di percorrere più strada possibile con scarpe leggere; l'espediente ha più che altro lo scopo di evitare dolorini ai piedi che vanno poi inevitabilmente a ripercuotersi sulla regolarità della camminata e di conseguenza sulle ginocchia, e ha come inconveniente il dover tenere nello zaino gli scarponi (che non sono certo leggeri) per tutta la parte bassa del percorso. Ci sarà infatti un tratto di avvicinamento su strada chiusa al traffico; vedremo poi quando cambiare scarpe.
Completano l'equipaggiamento un po' di vestiti pesanti (non si sa mai cosa si trova, magari ci sarà vento freddo), cartina 1:25000 del Parco dell'Avic, GPS, macchina fotografica e naturalmente il pranzo. Spero di non aver bisogno di altro. La partenza da casa sarà alle 5: urge andare a dormire decisamente presto, sperando che non ci siano troppi schiamazzi per strada.

25 luglio: il giorno X.

Foto 1 - L'Avic come si presenta dopo pochi minuti di cammino.
Foto 2 - Salita nel bosco per un tratto in compagnia del Vecio.
Foto 3 - Al di sopra della frana, in vista della conca terminale. A destra il Col Varotta.
Foto 4 - La conca terminale, con la grande pietraia.
Foto 5 - Giuliof e la salita al colletto a nord dell'Avic.
Foto 6 - In avvicinamento alla parete nord.
Foto 7 - Le prime rocce: comincia la festa.
Foto 8 - Il "passaggio chiave".
Foto 9 - Arrivo sulla cresta sommitale.
Foto 10 - Ultime rocce prima della cima.
Foto 11 - Foto di vetta ufficiale!
Foto 12 - Disarrampicata sulla parete nord.
Foto 13 - Discesa verso i laghetti.
Foto 14 - Una rinfrescata ai piedi...

È ancora notte quando esco di casa e inizio il viaggio verso Verres. Come accade tutte le volte in cui devo alzarmi presto contando solo sulla mia sveglia, anche in questo caso ho dormito male con continui risvegli nel timore di non sentirla.
Il primo barlume di luce comincia a rischiarare il cielo ad est mentre entro in autostrada. Viaggio tranquillo, vista l'ora. Condizioni meteo splendide, sereno e limpido.
Arrivo al punto di ritrovo a Verres con qualche minuto di ritardo, e di conseguenza con qualche altro minuto di ritardo ci ritroviamo a Champdepraz con Henry, arrivato in moto. Tappa successiva Voella, o La Ville, dove inizieremo la nostra marcia di avvicinamento. Non ho ancora ben chiaro quale sarà il nostro percorso, ma seguiremo Henry.
Al parcheggio Lauretta vede qualcuno che sembra conoscere o per lo meno riconoscere. Salta giù dalla macchina gridando "è lui... è l'uomo delle ferrate!". Si riferisce a una persona presente nel parcheggio: è uno dei nostri "soci" iscritti ad AroundAyas, è Giuliof - nome naturalmente d'arte -, che nessuno di noi ha mai incontrato ma che Lauretta conosce per via delle sue relazioni di vie ferrate pubblicate su altri siti: sarà lui, che ha risposto silenziosamente all'appello su AroundAyas presentandosi direttamente al punto di partenza, il nostro "sesto uomo". Così composta la spedizione, ci avviamo: sono le 6.36. Dopo pochissimi minuti di cammino, ecco apparire lui: l'Avic (foto 1).
Prima tappa, anzi checkpoint perchè in realtà non ci fermeremo nemmeno, l'agriturismo di Pra Oursie, poi continueremo a seguire il sentiero per il Col Varotta, già "testato" l'anno precedente. Abbandoniamo presto la strada, che prosegue verso Magazzino, e saliamo su sentiero nel bosco, peraltro ripidino: del resto il dislivello totale sarà di circa 1700 metri e presto o tardi la quota va fatta... In questo tratto incrociamo un altro di AroundAyas, il Vecio e Stanco (foto 2).
Più in alto il sentiero si presenta devastato da una frana, uno smottamento o comunque un evento alluvionale di qualche genere, ma non è certamente questo che ci può fermare, e ci facciamo strada salendo dritti tra tronchi, fango e detriti vari, senza accorgerci che la traccia principale esce verso sinistra poco dopo. Poco male, l'importante è salire! Punto di riferimento ancora il Col Varotta (foto 3).
A monte della frana ci troviamo in una grande conca detritica (foto 4), dove cominciamo a tenerci più sulla sinistra, lasciando il Varotta sulla destra e poi alle nostre spalle, mentre l'Avic è davanti e si avvicina, con la sua ripida parete nord. La prossima tappa è il colletto a nord dell'Avic (foto 5).
Il gruppo procede compatto, senza elementi particolarmente più lenti o più veloci: ottima squadra nonostante il terreno estremamente accidentato ma fortunatamente abbastanza stabile. Alle nostre spalle spiccano le vette della bassa Val d'Ayas, tra cui impossibile non riconoscere il Nery, il Soleron e le Becche di Vlou, Torchè e Mortens.
Il paesaggio cambia quando ci affacciamo dal colletto a nord dell'Avic, potendo così abbracciare anche le cime dell'altra metà di Valle d'Aosta, con il Bianco, il Grand Combin e tutto il circondario. Il Rosa e il Cervino sono coperti dalla rocciosa sagoma del Ruvi. Incrociamo intanto altre due persone, che stanno completando la traversata. Nel frattempo cambio scarpe e mi sento ovviamente subito più sicuro e stabile con gli scarponi.
Prende ora forma, da vicino, anche il nostro Avic e la via di avvicinamento e salita: a quanto vedo, ancora una bella pietraia, ma più fine (si fa per dire), fino alla base della parete (foto 6), poi roccia... e si vedrà come fare.
Le prime rocce sono facili, in fondo ci divertiamo anche a inventarci la via da seguire (foto 7), e poi c'è qualche ometto di pietre a darci una mano. Intanto la quota aumenta e, superata già da un po' la quota del Ruvi, possiamo vedere anche il resto dell'arco alpino.
La parete si rivela essere mediamente abbattuta, con alcuni passaggi di II (un po' sporchini) intervallati da tratti su sfasciumi.
Nella seconda metà di salita un passaggio è attrezzato con un cordino che penzola dall'alto: il cordino in questione non ci sembra proprio il massimo, e soprattutto non sappiamo a cosa è assicurato. Nel dubbio ne facciamo a meno, passando tutti senza problemi (foto 8). Al di sopra notiamo uno spit, potrebbe essere utile per la discesa (Henry ha portato una corda da 30 metri a scopo precauzionale).
Ancora un passaggino e siamo alle ultime rocce, queste più facili, prima dell'anticima ovest: da lì (foto 9) la vetta è vicina, cè di mezzo solo la cresta, che si percorre rimanendo non sul filo ma prima sul lato sud e poi a nord: ancora due sassi da risalire (foto 10) ed eccoci finalmente in vetta! Il tanto ammirato Avic è nostro!
Il panorama è ovviamente aperto in tutte le direzioni, apparentemente chiuso solo dai grandi 4000 (in realtà, a soli 3007 metri di quota, non siamo poi così in alto), si tratta infatti dell'elevazione maggiore del parco, e di conseguenza di tutto il circondario. Spiccano anche altre montagne "mitiche", come l'Emilius e la Grivola, e altre ben più note, come lo Zerbion (in basso!), i Tournalin, il Testa Grigia.
La vetta in compenso è piuttosto angusta, una crestina sottile di roccia mobile, su cui si sta più sicuri seduti, preferibilmente a mangiare qualcosa nei pressi della statuetta della Madonna, fortemente inclinata verso nord, e dei resti di un parafulmine.
Non restiamo comunque troppo tempo in vetta, perchè il ritorno sarà lungo e giù, nei pressi del torrente, ci aspettano. Dopo la dovuta foto ufficiale di vetta (foto 11) iniziamo così la discesa, perdendo - dopo aver percorso la cresta - per prima cosa quota disarrampicando sulla parete nord (foto 12). Al "passaggio chiave", quello con lo spit, Henry piazza la corda nel caso ne avessimo bisogno per scendere. Parto io, mettendoci un'eternità a guadagnare il fondo (senza però usare la corda, che lascio scorrere in mano per sicurezza) e facendo così la consueta... figuraccia del disarrampicatore. Segue Lauretta, molto più veloce, poi ci togliamo da sotto perchè appare inevitabile far cadere sassolini e detriti vari e non abbiamo il casco. Nessun problema nemmeno per gli altri, comunque, alla fine il più scarso sono stato sicuramente io...
La discesa su pietraia è come previsto lunga e noiosetta; ci teniamo però più a destra rispetto all'itinerario di salita, superando due piccole morene e scendendo poi in direzione del pianoro sottostante, a sud-est dell'Avic, dove si trovano due piccoli bellissimi laghi (foto 13); lì cerchiamo il modo di scendere direttamente ma desistiamo e ci riportiamo in direzione della traccia di salita, intercettando il sentiero che abbiamo... "mancato" di mattina a causa della frana, e capendo così dove avremmo dovuto guardare a sinistra per trovarlo (poco male comunque).
Abbiamo fatto oggettivamente un po' tardi; il Vecio e Stanco ha già tagliato la corda da Pra Oursie dove ci aspettava, e anche Giuliof ci lascia puntando direttamente al parcheggio di Voella, mentre i cinque superstiti del gruppo, tra cui il sottoscritto, tagliano verso Magazzino lungo il Ru Chevrère: piazzare i piedi nell'acqua (non proprio ghiacciata ma sicuramente molto fredda) del torrente è sempre un gran toccasana (foto 14)!
Da lì non c'è più storia: seguiamo la strada sterrata che, con gli ultimi chilometri di cammino, ci riporta a Voella ponendo fine alla gita: Avic messo in tasca e portato a casa. Gruppo parzialmente inedito ma deciso e compatto.
A quando la prossima?

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